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PINOT BIANCO E PINOT NERO IN ALTO ADIGE: UNA MOLTITUDINE DI SFUMATURE

Degustazione“Dal tetto d’Europa la Valle d’Aosta vitivinicola”

di Valeria Mirone

 

Alberto Levi, ex Delegato e miglior sommelier 2011 per la Valle d’Aosta, il 25 Ottobre ha tenuto, presso il Ristorante Torre a Celle Ligure, la degustazione “Dal tetto d’Europa la Valle d’Aosta vitivinicola”, incentrando la serata sul tema della “viticoltura di montagna” e la sua espressione nella regione.

Il concetto è stato illustrato agli oltre 70 presenti attraverso la proiezione di schede tecniche e immagini panoramiche del territorio, rappresentative delle modalità di coltivazione e delle sue difficoltà.

Nonostante possieda una storia antica e una varietà di vitigni autoctoni molto ampia rispetto alle dimensioni del territorio, la viticoltura valdostana fino a pochi decenni fa non aveva il successo economico che l’attività assume ad esempio nel vicino Piemonte. I vini della Valle non incontravano il favore del mercato perchè, a fronte di un costo mediamente alto non vi si ritrovavano quelle caratteristiche di grande struttura, corpo e morbidezza che il pubblico cercava.

Questa situazione non ha scoraggiato i vignaioli valdostani che con caparbietà e grande fede nelle potenzialità del loro territorio hanno intrapreso un percorso di crescita qualitativa. A tale scopo è stato fondato il CERVIM(Centro di Ricerca, Studi e Valorizzazione per la Viticoltura di Montagna) che si pone l’obiettivo di studiare in Italia e all’estero i terroir aventi le seguenti caratteristiche:

  • Pendenza dei terreni superiore al 30%
  • Vigne terrazzate o a gradoni
  • Altitudine superiore ai 500m s.l.m
  • Vigneti sulle piccole isole

Non risulta difficile comprendere dalle immagini che il relatore ha proposto la fatica e la difficoltà del coltivare la vite in questa regione: vigne aggrappate ai fianchi della valle e trattenute da muretti in pietra; pergole mantenute basse per reggere il peso della neve e proteggere i grappoli dal gelo delle notti invernali con il calore emesso dal terreno, al punto che il viticoltore in certi casi deve vendemmiare in ginocchio per terra.Questo contesto produttivo non ha permesso lo sviluppo di grandi aziende e la Valle d’Aosta è rimasta caratterizzata da realtà di piccole dimensioni, spesso a conduzione familiare, aventi una produzione annua che varia tra le 3.000 e le 20.000 bottiglie.

 

La degustazione proposta è iniziata con il Valle d’Aosta Blanc de Morgex et la Salle “Rayon”  – Cave Mont Blanc de Morgex et La Salle, annata 2016. Il vitigno è il Priè Blanc, autoctono della regione. Il vino è di colore giallo paglierino molto tenue e cristallino. Il profumo è intenso, complesso e molto fine. Distinguiamo note di frutta a polpa bianca e croccante, erbe di montagna e fiori bianchi. Il gusto è orientato verso le durezze e contraddistinto da grande acidità e bevibilità. Le sensazioni pulite e fini che questo vino trasmette vanno ricercate con pazienza ma una volta individuate sembrano non svanire mai. Fu chiesto a Veronelli quale bianco italiano avrebbe salvato in caso di disastro ecologico, potendone preservare solo uno. Scelse questo.

 

Seguendo il corso della Dora Baltea si incontra il comune di Villenuve dal quale provengono le uve del secondo vino in degustazione, il Sopraquota 900 di Rosset Terroir. Anche in questo caso è utilizzato un vitigno autoctono: Petite Arvine. Il vino è giallo paglierino tenue. L’impatto olfattivo è intenso, con netti sentori minerali, agrumati di pompelmo ed erbacei. Ricorda a tratti un Sancerre. Al gusto rivela una spiccata sapidità e una bella freschezza oltre ad una struttura più importante rispetto al precedente. Il fattore determinante nell’espressione di questo vino è la quota di provenienza dell’uva. La Petite Arvine è definita semi-aromatica ma oltre i 900m di altitudine, anche grazie alla forte escursione termica notte/giorno, sviluppa maggiormente i precursori dell’aromaticità che conferiscono al vino profumi molto intensi.

 

Il terzo vino è il Valle d’Aosta Chambave Muscat – La Vrille. Viene prodotto da uve muscat a petit grains provenienti dalla zona di Verrayes, che si caratterizza per un microclima quasi mediterraneo all’interno di una zona alpina. Di colore giallo paglierino con accenni di riflessi dorati, ha profumi intensi e delicati nei quali si ritrovano le caratteristiche del moscato: pesca bianca, salvia, timo ma anche una netta nota di rosa che lo avvicina al gewurtztraminer. Gusto equilibrato, caldo e sapido con un finale leggermente ammandorlato.

 

Si prosegue con il Valle d’Aosta Mayolet – Feudo di San Maurizio, prodotto con l’omonimo vitigno autoctono mayolet. Le vigne dell’azienda si trovano su terreni ricchi di gneiss, roccia a strati che si origina dalla metamorfosi del granito. Il colore è rosso rubino luminoso. Il profumo è intenso e abbastanza complesso con note evidenti di frutta e fiori, tra le quali distinguiamo l’arancia sanguinella e la viola. Di grande bevibilità nonostante i 15° alcolici che vengono facilmente equilibrati dalla freschezza.

 

Il quinto vino è il Valle d’Aosta Torrette Superieur – Elio Ottin, annata 2015, da uve petit rouge. Si presenta rosso rubino con riflessi porpora. Questa persistenza del colore è una caratteristica tipica del vitigno. Il profumo è complesso e fine con note di amarena, tabacco da pipa, fiori secchi e un ricordo di aghi di pino. Al gusto presenta grande acidità e tannino presente ma molto fine. Una qualità complessiva che porta all’eccellenza, a testimoniare una grande annata.

 

Segue il Valle d’Aosta Donnas – Caves Cooperative de Donnas, annata 2015. Il vitigno è il nebbiolo Picotendro. Di colore rosso rubino, propone sentori di frutta rossa e spezie. Si sente chiaramente la liquirizia, chei liguri non esiterebbero a definire “reganisso”.

 

A questo punto si rivela la prima sorpresa della serata: il Coeur de Meleze di Didier Gerbelle, annata 2015. Il vino è prodotto da un blend di diversi vitigni autoctoni: il petit rouge, il mayolet, il fumin, il neret e il vuillermin. Non è ancora stato presentato al pubblico, neanche in Valle d’Aosta ancora lo conoscono  e viene proposto in anteprima per la nostra degustazione. Note piacevoli che ricordano le caldarroste, il chinotto, la propoli e l’incenso. Il gusto è fresco e fruttato. Viene affinato in botti di larice che gli conferiscono i suoi profumi particolari. Grande vino

L’ultimo della degustazione è il Valle d’Aosta Vuillermin – Feudo di San Maurizio. Varietà autoctona, da origine ad un vino dai profumi eleganti e fini, contraddistinti da note di frutta rossa, cacao e fiori secchi.  Al gusto mostra grande freschezza e tannini presenti  ma non invadenti.

Per concludere il relatore ha proposto una seconda sorpresa: il Genepy prodotto dale Distillerie Saint Roch, azienda della sua famiglia, realizzato con il metodo dell’auto-infusione; anzichè essere immerse nella soluzione alcolica, l’Artemisia genepy e altre erbe aromatiche vengono sospese sopra di essa, così che siano i vapori spontanei dell’alcool a catturarne le essenze. Da questo procedimento risulta un liquore trasparente e finissimo, che necessita di una minore aggiunta di zucchero rispetto al metodo tradizionale.

La serata si è chiusa con l’invito da parte di Alberto Levi a visitare i vigneti e le cantine della sua regione per comprendere a fondo lo spirito eroico dei viticoltori valdostani, che lavorano con pazienza e abnegazione al fine di comunicare al mondo la verità del loro terroir.

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